lunedì 29 novembre 2010

MARIO MONICELLI E L'AUTUNNO DEL CINEMA ITALIANO


Mario Monicelli era nato otto giorni prima che i fanti passassero il Piave. Prima guerra mondiale. Leva del '15. Nel 1935 il primo film, a vent'anni. Io a vent'anni non avevo nemmeno finito l'università e nemmeno concluso o pubblicato un mio primo libro.
Mancherà Monicelli all'Italia, alla cultura del nostro paese e del nostro continente. Sì, perché Monicelli era europeo, di sentire europeo. Lo dimostrano i suoi film.
Mancherà non perché, come si dice sempre in questi casi, non c'è un erede, nessuno è come lui. Ne verrano altri. Mancherà perché lui era lui e perché uno come lui adesso, proprio adesso servirebbe al Paese.
La cultura del cinematografo, inteso come "percorso morale", come "romanzo vivo, soteriologico ed escatologico", entro cui si muovevano i suoi personaggi, è di un cinema che non torna più. Una stagione, la sua, nella quale di stelle ce n'erano. Egli fu la più luminosa, tra quelle dei registi.
Indimenticabile!
Il mio ricordo è legato a qualche anno fa. Ero a Foggia. Seguivo un corso di teatro tenuto da un attore locale. Un giorno che tu avresti dovuto essere addirittura in città non potesti per una malattia. Così mandasti un videomessaggio. Era intessuto di lodi e di buone speranze per noi giovani. Speranze vane. Io non valgo più di quel che dimostro. Tu, però, sei stato grande. Ti sei comportato da grandissimo spirito umanista. Come eri, come sarai!
Un abbraccio Mario!

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