FILM E LIBRI

"Film e libri" è la pagina del mio blog che permette alla mia coscienza critica, gran parte di me, di "riflettere" su alcuna produzione culturale nei tempi remoti come in quelli attualissimi tanto da risaltare i meriti e demeriti degli uni e degli altri.



10 DICEMBRE 2010
LA GRANDE GUERRA

Un ottimo film, un capolavoro, uno di quei film che diventano "classico" e che si consegnano all'eternità.
Perché ed in cosa è riuscito, allora, Monicelli, grande regista compianto da poco e troppo poco?
Nella formula dei due soldati "svogliati" e "antipatriottici", nei due pelandroni, scansafatiche, nelle due macchiette, in due che la guerra non solo non l'hanno capita, nè accettata, ma non la vogliono fare. Sono lì mandati da altri. Sono vittime che camminano e parlano. Sono vittime del sistema. Di quel sistema che smaschera l'impreparazione dei capi militari, dei giovani borghesi graduati che hanno mandato al macello 600.000 uomini, per lo più (lo dico in maniera "razzista") poveri, contadini, analfabeti e meridionali.
Scherza ed è leggero, il film, per quel che può, per l'argomento che tratta. No, non solo la guerra, che è il contorno di una vicenda di uomini più grande e più tragica, ma è un film leggero poiché parla degli Italiani, uniti sotto uno stesso cielo, riuniti sotto una bandiera, scaraventati contro i nemici senza essere amici.
La prima guerra mondiale, attraverso questa pellicola, diventa, allora, la metafora delle metafore: il riscatto di una vita grama e da codardi in un finale che è redenzione e condanna insieme. Una condanna in cui ci si riscopre "patrioti", davvero. Non come i capi, non a parole, non con la mente. Con l'azione, una sola azione, che vale il senso dell'appartenenza e della fratellanza la quale, anche se non è ancora universale, in Monicelli non lo può essere?, porta però le stigmate del suo desiderio di generalità con cui abbracciare gli Italiani, gli uni gli altri, e, insieme a questi anche una velata pietà per gli Austriaci (come nella scena in cui il nemico, disarmato, stava pranzando da solo e viene fucilato dall'ufficiale italiano; scena, tra parentesi, surreale o, per lo meno, superflua ai fini della narrazione, ma posta lì a significare il dramma comune che la guerra è: la privazione del sentimento di umanità).

VOTO: 9

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