giovedì 13 gennaio 2011

IL NOSTRO RISORGIMENTO, OVVERO FUORI DALLE SOLITE PAROLE

Fuori dalle solite parole voglio scrivere appunti importanti su quelle celebrazioni per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia che sono da pochi giorni iniziate.
Perché di tanto in tanto ci si accorgere della materia "storia", della sua centralità nella vita dell'uomo, checché ne dicesse il filosofo di Rocken, Friedrich Nietzsche.
La storia è l'essenza di tutti i giorni, di tutti gli uomini, della comprensione del tempo. Perché se non capiamo la storia delle generazioni e dei secoli non capiamo neppure la nostra di storia, piccola e breve e per molti immotivata.
Adesso io dico: giustamente il Presidente della Repubblica Napolitano calca molto perché si celebrino con tutta l'enfasi del caso i ricordi di una stagione che vedeva l'Italia povera e schiava, serva degli stranieri, ma forse lo fa anche per richiamare un paragone lampante tra quella pochezza d'animo pre-romantica e quella che giovani di tutto lo Stivale ebbero nel sacrificare sudore e lacrime e persino il dono più grande, la propria vita, per un ideale grandissimo e luminosissimo: la libertà!
Noi siamo liberi eppure non solo non sappiamo quasi che farcene di questo bene supremo, ma non di rado lo sciupiamo in malo modo.
La libertà, per chi ha mai assaggiato il suo profumo quando è in catene o costretto da un altro essere umano a fare cose che non vorrebbe, è identificato con la stessa vita.
Così, se si formarono vari focolai più o meno spontanei e se giovani politici e generali, Mazzini, Garibaldi, Pisacane, Avezzana, sarebbero diventati colonne dei momenti esaltanti dell'esperienza di guerra e di fede, scuola di diritto e fonte di fratellanza universale, ebbene toccava ad un Re, alla sua autorità, alla sua fierezza e alla sua organizzazione, oltre che alla sua diplomazia lecita o no, dare avvio alle danze. E così fu. Carlo Alberto iniziò il nostro Risorgimento!
I re, però, sono padroni di uno Stato. E' la Repubblica, la Repubblica resta, il sogno di uguaglianza tra gli uomini.
Perciò il Risorgimento è stato la storia della lotta comune contro gli Austriaci ma anche la faida interna tra quelli che erano per la monarchia, i monarchici o savoiardi, quelli che volevano solo alcune libertà, i liberali, divisi sui modi della loro lotta, se violenta rivoluzionari, se lotta di dialogo e di nervi, liberali moderati. Poi c'erano i repubblicani delle varie sette patriottiche, una delle maggiori quella della Giovine Italia di Mazzini che erano rivoluzionari, cioè non volevano solo le libertà dentro uno stato dei re, ma la vera e propria Repubblica, governata con gli strumenti della democrazia.
Forse, non dico i giovani di oggi, ai quali si fanno troppe accuse non propriamente loro, ma i trentenni e quarantenni d'Italia, non conoscono o sottovalutano l'enorme sacrificio ideale e materiale che fu realizzato da uomini come loro.
Essere eroe nel Risorgimento è essere un uomo vero. L'eroismo del Risorgimento recuperava valori antichi, classici, romani. Era il sacrificio di Attilio Regolo o di Coriolano, per capirci.
La domanda, allora, è: eroi si nasce o si diventa?
Eroi si è. Sia che si nasca con questo fuoco sacro nel cuore, non di uccidere altri uomini, uno dei Comandamenti ci suggerisce di non farlo, sia che la pratica e l'esempio altrui ci illumini, è già questa scelta, quella di non seguire le convenzioni sociali, di per sè a darci libertà.
Per convenzioni sociali non intendo astenersi dall'essere uomini, parte dell'umanità, ma di assimilarne le abitudini peggiori per difendere le migliori.
Un certo relativismo, non solo di chi è accusato da altri di esserlo, mi dirà che il positivo e negativo è un gusto, una moda, una questione di vanitosa preferenza personale.
Io combatto questa deprimevole esecrazione di uno dei pilastri di ogni società civile dei tempi nostri.
Il Risorgimento è stato, allora, questa età di eroi che si sono fatti forza a vicenda e che hanno dimostrato di essere liberi dando la vita per la libertà.

Oggi dovremmo studiare il loro esempio per imitarli.
Formalmente una Repubblica, mantenuta su base democratica, l'Italia è solo la schiava conservatrice di tradizioni che millantano valori positivi ma perseguono obiettivi diversi e, se c'è qualcuno o qualcosa di buono viene emarginato, costretto all'esilio, ucciso.
In fondo questo è il mondo e la storia del mondo ed io, da credente, so che questo c'era c'è e ci sarà, ma da non posso da uomo libero, da storico, da italiano, non rammentare a me stesso e ai miei fratelli come la nostra patria e la nostra nazione, il nostro popolo e la nostra civiltà, di cui noi siamo degli eredi pessimi, vorrebbe che ci rialzassimo dalla prostrazione morale in cui taciamo i problemi e tiriamo a campare con la solare e perfida "filosofia del sorriso", che è un'ipocrita accettazione del sistema o un adeguamento ad esso.
Bisogna vivere e tornare a farlo incondizionatamente.
Necessario è cambiare, riformare qualcosa e rivoluzionare il resto!
A questo serve la storia, a capire ciò che sarà il futuro se si sceglie una strada o l'altra. Un film già visto, ma mai scontato. Dipende da noi!

VIVA L'ITALIA LIBERA! VIVA L'ITALIA RISORGIMENTALE! VIVA L'ITALIA AFFRANCATA!

Nessun commento:

Posta un commento

Cerca nel blog